AUTOMATICA AMMISSIONE AL GRATUITO PATROCINIO PER LE VITTIME
a cura dell’avv. Elena Peruzzini
In generale, è possibile accedere al gratuito patrocinio, sia per agire che per difendersi – mediante la nomina di un avvocato iscritto in apposite liste e la sua assistenza a spese dello Stato –, nell’ambito di un processo civile, penale ed anche nelle procedure di volontaria giurisdizione, se si è titolari di un reddito imponibile ai fini Irpef, risultante dall’ultima dichiarazione, pari ad euro 11.746,68 (Decreto del ministero della Giustizia del 23 luglio 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 24 del 30 gennaio 2021).
Se l’interessato convive con il coniuge, l’unito civilmente o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l’istante.
Nel caso in cui, oggetto della causa siano diritti della personalità, ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi, si terrà conto del solo reddito personale del richiedente.
- Dove si presenta la domanda
- A) in ambito civile, la domanda di ammissione al G.P. si presenta presso la Segreteria del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, competente rispetto al:
– luogo dove ha sede il magistrato davanti al quale è in corso il processo;
– luogo dove ha sede il magistrato competente a conoscere del merito, se il processo non è ancora in corso;
– luogo dove ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato per i ricorsi in Cassazione, Consiglio di Stato, Corte dei Conti.
- B) in ambito penale, la domanda di ammissione si presenta presso l’ufficio del magistrato davanti al quale pende il processo e quindi:
– alla cancelleria del GIP se il procedimento è nella fase delle indagini preliminari;
– alla cancelleria del giudice che procede, se il procedimento è nella fase successiva;
– alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, se il procedimento è davanti alla Corte di Cassazione.
- Automatica ammissione al patrocinio a spese dello Stato
Ai sensi dell’art. 76, comma 4-ter (1) del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, recante “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia”, la persona offesa dai reati indicati nella norma medesima, di cui agli artt. 572, 583-bis, 609-bis, 609-quater e 612-bis, nonché, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli artt. 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-quinquies e 609-undecies del codice penale, può essere automaticamente ammessa al patrocinio a spese dello Stato a prescindere dai limiti di reddito e senza riservare alcuno spazio di apprezzamento a discrezionalità valutativa al giudice.
In particolare, rientrano tra i reati sempre coperti dal gratuito patrocinio:
- i maltrattamenti in famiglia o da parte di convivente (art. 572 del Codice penale);
- la mutilazione degli organi genitali femminili (art. 583-bis);
- la violenza sessuale (art. 609-bis);
- gli atti sessuali con minorenne (art. 609-quater);
- lo stalking (art. 612-bis).
Possono inoltre sempre accedere al gratuito patrocinio, se minorenni, le vittime dei reati :
- di riduzione in schiavitù (art. 600);
- di prostituzione minorile (art. 600-bis);
- di pornografia minorile (art. 600-ter);
- di tratta di persone e acquisto di schiavi (artt. 601 e 602);
- di atti sessuali in presenza di minori (609-quinquies).
La giurisprudenza di legittimità (1) ha affermato il diritto della persona offesa da uno dei reati sopra indicati a fruire del patrocinio a spese dello Stato per il solo fatto di rivestire detta qualifica, a prescindere dalle proprie condizioni di reddito che, quindi, non devono nemmeno essere oggetto di dichiarazione sostitutive, attestazione o certificazioni formali di nessun tipo.
La disposizione in esame introdotta dal decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori), convertito, con modificazioni, nella legge n. 38 del 2009 richiama «la straordinaria necessità ed urgenza di introdurre misure per assicurare una maggiore tutela della sicurezza della collettività, a fronte dell’allarmante crescita degli episodi collegati alla violenza sessuale, attraverso un sistema di norme finalizzate al contrasto di tali fenomeni e ad una più concreta tutela delle vittime dei suddetti reati». Non diverse sono le considerazioni sviluppate nel preambolo del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 (Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province), convertito, con modificazioni, nella legge n. 119 del 2013.
Risulta evidente, pertanto, che la ratio della disciplina in esame è rinvenibile in una precisa scelta di indirizzo politico-criminale che ha l’obiettivo di offrire un concreto sostegno alla persona offesa, la cui vulnerabilità è accentuata dalla particolare natura dei reati di cui è vittima, e a incoraggiarla a denunciare e a partecipare attivamente al percorso di emersione della verità.
Per tali motivi, la Corte Costituzione (3) ha ritenuto la disposizione di cui all’art. 76, comma 4-ter d.p.r. n.115/2002, che riconosce il beneficio del patrocinio a spese dello Stato sganciandolo dal presupposto della non abbienza del soggetto richiedente, non lesiva del principio di parità di trattamento (in riferimento agli artt. 3 e 24, comma 3, Cost.).
(1) Comma aggiunto dall’art. 4, comma 1, D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 aprile 2009, n. 38, e, successivamente, sostituito dall’ art. 9, comma 1, L. 1° ottobre 2012, n. 172. Infine, il presente comma è stato così modificato dall’ art. 2, comma 3, D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119.
(2) Cassazione penale, sez. IV, sentenza 08 giugno 2018 n° 26302, Cassazione penale, sez. IV, sentenza 18 aprile 2018 n° 17426, Cassazione penale, sez. IV, sentenza 20 marzo 2017 n° 13497
(3) Corte costituzionale, sentenza 11 gennaio 2021, n. 1
Elena Peruzzini – Vice Presidente Rete L’ABUSO