Quel tacito accordo tra lo Stato e la Chiesa che garantisce l’impunita dal carcere ai sacerdoti Cattolici

Human Right Connect, l'avvocatura della Rete L'ABUSO specializzata in diritti umani

Quel tacito accordo tra lo Stato e la Chiesa che garantisce l’impunita dal carcere ai sacerdoti Cattolici

Ginevra 7 febbraio 2019; “Il Comitato è preoccupato per i numerosi casi di bambini vittime di abusi sessuali da parte di personale religioso della Chiesa Cattolica nel territorio dello Stato Membro e per il basso numero di indagini criminali e azioni penali da parte della magistratura italiana”.

di Francesco Zanardi

Queste non sono parole nostre ma dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, più precisamente quelle contenute nelle raccomandazioni del 7 febbraio scorso (punto 21 del report) che il Comitato per i diritti del fanciullo contesta all’Italia – in questo caso – nei confronti della Giustizia italiana, ma che proseguono, nello stesso documento, anche nei confronti del Governo italiano inadempiente e connivente, a danno di cittadini minorenni italiani “sacrificati al clero” per mero rapporto diplomatico, con uno stato estero, leader nel mondo per la pedofilia: il Vaticano.

Quanto vi racconterò è stato ampiamente documentato e confermato anche da due giornalisti d’inchiesta, Emanuela Provera e Federico Tulli, che ne hanno fatto persino un libro “Giustizia divina” (editore-Chiarelettere)

Tutto ha inizio nell’anno 2014, quando, dopo quattro anni di attività dell’allora neonata Associazione Rete L’ABUSO, iniziano ad arrivare i documenti dei vari casi penali che l’associazione stava seguendo in tutta Italia.

Iniziai a notare, in diversi  provvedimenti cautelari delle varie Procure della Repubblica della nostra penisola, che sacerdoti indagati, e costretti ai domiciliari, all’epoca molti di loro finivano in cinque strutture, sparse da nord a sud dell’Italia.  Malgrado avessi notato questa cosa, allora non arrivai a nulla di preciso.

Ma nel novembre  del 2016, in piena notte e preso dall’euforia, mi chiama il collega dell’associazione veronese degli ex allievi sordi, abusati nell’istituto cattolico Antonio Provolo di Verona. Mi comunica che don Nicola Corradi (un prete pedofilo fuggito da Verona nel 1970) è stato arrestato a Mendoza (Argentina). Con lui altre tre persone.

Il collega mi chiede aiuto, hanno trenta anni di carte delle presunte vittime (un centinaio di bambini sordi, oggi adulti, che non hanno mai ottenuto giustizia), dei 27 tra sacerdoti e fratelli laici accusati di abusi nel Provolo di Verona, un infinito carteggio tra loro e la diocesi… ma in quella marea di documenti prodotti, non sapevano da dove partire.

Il faldone era effettivamente enorme e per me incomprensibile, non conoscevo neppure bene i fatti, né i personaggi. Decisi allora di fare una prima cernita, eliminando tutta la documentazione relativa a sacerdoti deceduti, e altri dati in quel momento non rilevati o incomprensibili, che poi rividi successivamente in un contesto più chiaro.

Fu proprio durante quella selezione che ad un certo punto arrivai a don Giuseppe Pernigotti. Mi cadde l’occhio su di lui perché l’Istituto Provolo è una Congregazione di Diritto Pontificio e le congregazionei, in genere, anche quando li trasferiscono, mantengono sempre i sacerdoti al loro interno. Don Pernigotti invece no. Era, a mio avviso stranamente, a Fabrica (VI). Ritenni di dover approfondire.

Cercai su internet e… tombola, al primo colpo scopro che don Pernigotti è il Presidente della FIAS (Federazione italiana assistenza sacerdoti) e mentre navigo nel sito, capito sulle strutture di assistenza FIAS. Mi venne un colpo, erano le stesse strutture che mi ritornavano nei documenti delle varie Procure italiane, le stesse alle quali venivano affidati ai domiciliari i sacerdoti indagati. (Dato confermato dai responsabili delle strutture e contenuto nel libro-inchiesta Giustizia divina)

Decido che la questione debba essere approfondita, ma non so come: un’indagine simile è molto dispendiosa, la Rete L’ABUSO non ha i mezzi.

Passo qualche settimana, incrociando i dati che acquisivo, erano tutti collegati, ma non capivo, finchè non mi chiama il giornalista de LA7 Luca Bertazzoni chiedendomi se avevo qualche caso. Colgo la palla al balzo introducendo don Pernigotti come uno degli accusati dagli ex allievi del Provolo. Dico a Bertazzoni che lo ho trovato a Fabrica, dove, nel frattempo, avevo mandato un nostro associato per verificare che fosse lo stesso Pernigotti del Provolo. Luca Bertazzoni fa il servizio, eccolo

Emerge che don Giuseppe Pernigotti gestisce o, almeno, è a capo di una struttura che da quanto appare assiste sì i sacerdoti, ma favoreggiandoli con una serie di professionisti e di soluzioni che li aiutano a evitare la giustizia civile. Nel proseguo della mia indagine scoprirò che la FIAS è presente in tutta Italia, quella gestita da Pernigotti era solo la sede centrale, il cui sito web scomparì subito dopo il servizio de LA7.

Finalmente, nella mia mente, molti cerchi si erano chiusi e quello che prima era fumoso, adesso era chiarissimo, fin troppo. Ma a chi lo andavo a dire? Sapevo anche che era la stessa Giustizia ad affidare a quelle strutture gli indagati con restrizioni o i condannati.

Grazie però a quel servizio di Bertazzoni, che si era finto un prete pedofilo e al quale don Giuseppe Pernigotti diede un “pizzino” con le indicazioni, nomi e numeri di telefono ai quali rivolgersi, feci un controllo più approfondito. Nel “pizzino” era indicata la Comunità Agape che già conoscevo, ma approfondendo scoprirò qualcosa che mi inquieta. La Comunità ha sede in via Forte Bravetta 338 (nella mappa a lato è indicata dal quadrato viola) e confina con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, il Sindacato Nazionale Autonomo di Polizia e una sede dislocata dei Ministeri di Grazia e Giustizia. Certo che da li, ad avanzare e sostenere che ci fosse una rete di “insabbiamento” gestita dalla chiesa e tollerata dallo Stato italiano, quello che avevo non bastava.

Mentre approfondivo tutto ciò, mi ero più volte confrontato con uno dei due autori del libro, Federico Tulli, una persona che conosco dal 2010, di cui ho stima e fiducia e con il quale mi confronto spesso in quanto è anche molto esperto nella materia, già autore di due libri: “Chiesa e pedofilia” e “Chiesa e pedofilia il caso italiano”.

Federico ed Emanuela già dall’inizio del 2015 avevano iniziato a indagare avviando un’inchiesta giornalistica che durerà quasi TRE anni, visitando di persona queste strutture, intervistando chi le dirige e documentando. Durante la loro inchiesta, il numero delle strutture sale a 18, oggi ne abbiamo individuate 21. (quadrati viola sulla mappa)

Cosa sono queste strutture e in quale modo forniscono al clero l’impunità dal carcere?

(come scoprirete nel libro “Giustizia divina” non solo ai preti pedofili)

Come confermano anche Provera e Tulli, che in quelle strutture ci sono entrati, appaiono come normali pensionati, con le camere da letto, aree comuni, tv ecc. Non vi è nessun controllo delle forze dell’ordine, come normalmente accade a chi è ai domiciliari. Si possono ricevere visite, o almeno nulla lo impedisce.

Si entra e si esce con estrema facilità, come ci conferma anche un gruppo di sacerdoti che, in questo caso, preoccupati del viavai di volti noti alle cronache giudiziarie, nel 2016 ci segnalò la struttura Villa Sacro Cuore (PG).

Ma il caso più clamoroso, che ancora una volta riconferma la criticità nonché la leggerezza delle “detenzioni domiciliari” di cui gode il clero, è il caso di don Ruggero Conti, condannato in via definitiva a 14 anni con l’accusa di aver abusato di 7 bimbi tra i 10 e i 12 anni. Non ha mai fatto un giorno di carcere (motivi di salute), affidato anche lui ad una struttura (che poi scopriremo adibita alla cura degli adolescenti) dalla quale, senza difficoltà, nel settembre 2017 è evaso, con a sua disposizione tanto denaro da permettersi un taxi da Roma a Milano.

Questi sono solo alcuni casi e non sono affatto il motivo per il quale la Rete L’ABUSO è fermamente convinta – a questo punto, come vedremo, fino a prova contraria – che esista tra lo Stato italiano e la Chiesa, un tacito accordo che garantisce al clero l’impunità dal carcere.

Forniamo qualche numero e qualche altro dato

Da come si evince sulla nostra mappa, tolti i sacerdoti ancora in attesa di giudizio, contiamo negli ultimi 15 anni, in Italia, almeno 143 condanne in via definitiva, ignoriamo quale sia il reale sommerso.

Gli autori del libro “Giustizia divina” si sono presi la briga, non solo di verificare quanto sostenevo riguardo alle strutture ma, tolti i carceri minorili e femminili, hanno chiesto alle altre 191 strutture carcerarie italiane, quanti sacerdoti hanno in carico.

Hanno risposto 125 carceri; solo cinque sacerdoti di cui uno solo condannato per pedofilia.

E tutti gli altri, che fine hanno fatto ?

La percezione per l’opinione pubblica è che la giustizia faccia il suo corso e condanni, mentre invece la maggior parte spesso non fa un solo giorno di carcere, anzi, l’anomalia a questo punto sorge su quei 4 più il 5° pedofilo, che hanno avuto in confronto agli altri colleghi, una simile disparità di trattamento.

Ma i “santi” privilegi e le immunità “divine” che lo Stato italiano fornisce al clero, purtroppo non si limitano a questo e i danni alla società, a questo giro, risultano ancora peggiori.

Parlo del c.d. certificato anti pedofilia, dal quale per gentile concessione del legislatore, il clero è esente. Ed è qui che la connivenza tra Stato e chiesa, raschia davvero il fondo del barile perché sulle basi costituzionali è già anomalo che una categoria venga privilegiata con questa esenzione: privilegiare solo i preti sarebbe stato davvero troppo vistoso e così, il nostro legislatore, non ha esentato i preti, ma appunto l’intera categoria alla quale appartengono, il volontariato. Paradossalmente la categoria da sempre più a rischio.

Grazie a questa luminare scelta del legislatore – che giuridicamente si trasforma in responsabile civile – oggi i pedofili, non solo i preti, sanno che lo Stato italiano ha riservato loro, come fertile terreno di caccia, il volontariato.

Continua…

Uno dei nostri consulenti legali, l’avvocato Mario Caligiuri del Foro di Roma (titolare del fascicolo in oggetto) spiega, riguardo al rito canonico, che «In questo modo viene generato da un altro tribunale, in anticipo alla celebrazione del rito ordinario, un irragionevole squilibrio a favore del presunto abusante»

«Non solo nell’aula di giustizia ecclesiastica non è ammessa l’assistenza del difensore di chi ha denunciato l’abuso, ma soprattutto viene negato il supporto psicologico di tecnici di comprovata esperienza legittimati a operare affinché la vittima, una persona che ha subito uno sconvolgimento emotivo, non incorra nella creazione di falsi ricordi. Fino a disattendere quanto stabilito per la cura e il sostegno alle vittime dalla Convenzione di Lanzarote».

«Pensando al controesame, il dato più inquietante emerge dal versante delle garanzie costituzionali.

La difesa di un sacerdote, già imputato per abusi dal Vaticano, ha il vantaggio di acquisire, prima dell’eventuale processo italiano, la rievocazione narrativa che la vittima darà del fatto storico, i punti deboli su cui calcare la mano, le peculiarità anche caratteriali, la sua realtà emotiva».

Con queste informazioni si ha la possibilità di farla cadere in contraddizione. «Non a caso lo studio reciproco dell’avversario è un dato che gli avvocati curano molto nei processi – conferma Caligiuri -. Siamo pertanto in presenza di una disparità di trattamento in favore dei preti cattolici rispetto a qualsiasi altro cittadino italiano».

L’Italia ha ratificato nel 2012 questo protocollo per la protezione dei bambini contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali. Possono aderire anche i Paesi che non fanno parte del Consiglio d’Europa ma il Vaticano non l’ha mai fatto.

Tuttavia, i processi canonici si svolgono nelle diocesi, in terra italiana, e questa è di fatto una violazione da parte della chiesa che, grazie alla complicità delle istituzioni italiane, che fingono di non vedere, trova disattese non solo le garanzie costituzionali dei cittadini, ma anche diversi trattati e convenzioni internazionali alle quali l’Italia ha aderito.

Ma c’è altro a sostegno delle nostre accuse contro lo Stato. Il silenzio complice delle Istituzioni

“Importante estratto tratto dal film Spotlight, al termine cita quelli che nel 2000, come oggi in Italia, erano i centri che la Rete L’ABUSO e il libro Giustizia divina, denunciamo oggi in Italia”. Si cita già all’ora Richard Sipe, che ha lavorato nei centri di cura e che in questo articolo citiamo per il suo rapporto, parte delle “Proiezioni” sul fenomeno in Italia.

Tra i paesi più industrializzati, l’Italia è l’unica che non ha mai ritenuto – malgrado i dati impressionanti che emergono dagli altri paesi – di dover quantificare l’entità del fenomeno.

Il collega irlandese Mark Vincent Healy, esperto di statistiche, sulla base dei dati emersi dalle commissioni governative di inchiesta effettuate in tutto il mondo ha prodotto una proiezione del dato italiano, la portata degli abusi in Italia ha il potenziale per essere il più grande di qualsiasi paese.

Eppure non sono mancati da parte nostra gli stimoli e i solleciti al Governo ad affrontare il problema.

Il 27 settembre 2017, grazie al Deputato Matteo Mantero, la Rete L’ABUSO riesce a depositare in Italia la prima interrogazione parlamentare indirizzata a PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELL’INTERNO, MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE. Ad oggi, nessuna risposta, l’interrogazione giace ancora sul sito della Camera dei Deputati.

Il 19 febbraio 2018, tramite l’avvocato Mario Caligiuri, la Rete L’ABUSO invia una diffida alle seguenti istituzioni; PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA , PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI , CENTRO REGIONALE DI INFORMAZIONE DELLE NAZIONI UNITE – COMITATO ONU PER I DIRITTI DEL FANCIULLO, PRESIDENZA DELLA 12ª COMMISSIONE AFFARI SOCIALI.

Anche in questo caso non vi sarà alcuna risposta da parte delle Istituzioni italiane.

Il 18 ottobre 2018, sempre l’Avvocato Mario Caligiuri, per conto della Rete L’ABUSO, denuncia all’Autorità Giudiziaria il Governo, sulla base della mancata risposta e per le conseguenti gravi inadempienze dello Stato ai danni di cittadini minorenni, già note dalle precedenti comunicazioni.

Pochi giorni dopo, sarà archiviato anche questo fascicolo. Malgrado contenesse notizia di reato, la Procura si limitata, nelle motivazioni, ad archiviare per incompetenza territoriale.

L’intera vicenda è stata reportata dall’Associazione Rete L’ABUSO, all’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, tra i documenti dell’80° sezione che si è tenuta a Ginevra lo scorso 22 e 23 gennaio.

Il 7 febbraio 2019, il Comitato per i diritti del fanciullo della Nazioni Unite, ci ha dato ragione, contestando allo Stato Italiano i punti che riportiamo di seguito, che riguardano unicamente la materia che Rete l’ABUSO, per Statuto, persegue. (qui il testo integrale in italiano)

Riportiamo in video anche l’intervento del Membro del Comitato Onu Jorge Cardona che ha sollevato il tema durante i 2 giorni di seduta. L’intervento è molto breve, lo Stato italiano, anche in quella sede non ha dato risposte, ma si è limitato ad esporre, come provvedimenti, gli stessi punti oggetto della contestazione.

Di seguito, al punto 21 delle raccomandazioni del Comitato per i diritti del fanciullo, quanto contestato all’Italia dalle Nazioni Unite. Qui i punti sollevati nel nostro “Report Giustizia sul caso Italia” relatore per Rete L’ABUSO Francesco Zanardi.


Sfruttamento e abuso sessuale

  1. 21. Accoglie favorevolmente il piano nazionale per la prevenzione e la lotta contro gli abusi e lo sfruttamento sessuale dei bambini 2015-2017 e la rivitalizzazione dell’Osservatorio per contrastare la pedofilia e la pornografia infantile, il Comitato è preoccupato per i numerosi casi di bambini vittime di abusi sessuali da parte di personale religioso della Chiesa Cattolica nel territorio dello Stato Membro e per il basso numero di indagini criminali e azioni penali da parte della magistratura italiana. Con riferimento alle sue precedenti raccomandazioni (CRC / C / ITA / CO / 3-4, par. 75) e al commento generale n. 13 (2011) sul diritto del bambino alla libertà e contro tutte le forme di violenza nei suoi confronti e prendendo atto dell’Obiettivo 16.2 per lo Sviluppo Sostenibile, il Comitato raccomanda all’Italia di:

(a) Adottare, con il coinvolgimento attivo dei bambini, un nuovo piano nazionale per prevenire e combattere l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei bambini e assicurarne l’uniforme implementazione su tutto il suo territorio e a tutti i livelli di governo;

(b) Istituire una commissione d’inchiesta indipendente e imparziale per esaminare tutti i casi di abuso sessuale di bambini da parte di personale religioso della Chiesa Cattolica;

(c) Garantire l’indagine trasparente ed efficace di tutti i casi di violenza sessuale presumibilmente commessi da personale religioso della Chiesa Cattolica, il perseguimento dei presunti autori, l’adeguata punizione penale di coloro che sono stati giudicati colpevoli, e il risarcimento e la riabilitazione delle vittime minorenni, comprese coloro che sono diventate adulte;

(d) Stabilire canali sensibili ai bambini, per i bambini e altri, per riferire sulle violenze subite;

(e) Proteggere i bambini da ulteriori abusi, tra l’altro assicurando che alle persone condannate per abuso di minori sia impedito e dissuaso il contatto con i bambini, in particolare a livello professionale;

(f) Intraprendere tutti gli sforzi nei confronti della Santa Sede per rimuovere gli ostacoli all’efficacia dei procedimenti penali contro il personale religioso della Chiesa Cattolica sospettato di violenza su minori, in particolare nei Patti Lateranensi rivisti nel 1985, per combattere l’impunità di tali atti;

(g) Rendere obbligatorio per tutti, anche per il personale religioso della Chiesa Cattolica, la segnalazione di qualsiasi caso di presunta violenza su minori alle autorità competenti dello Stato Membro;

(h) Modificare la legislazione che attua la Convenzione di Lanzarote in modo da garantire che non escluda il volontariato, compreso il personale religioso della Chiesa Cattolica, dai suoi strumenti di prevenzione e protezione.


Con il Motu Proprio, papa Francesco conferma l’impunità dal giudizio penale per i sacerdoti che abuseranno di minori al di fuori dello Stato del Vaticano e delle ambasciate.

Sarebbe opportuno, oltre che dovere di cronaca, per dovere costituzionale, che la stampa chiedesse conto allo Stato di questa grave situazione. Ma tranne il settimanale Left che in questi anni ha dato visibilità al caso, tutto tace, malgrado le nostre denunce.

Francesco Zanardi

Presidente della Rete L’ABUSO (Associazione sopravvissuti agli abusi sessuali del clero)

tra i membri fondatori dell’internazionale ECA Global

e Presidente della costituenda Rete L’ABUSO Human Rights Connect 

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